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L’arte di ottenere ragione, secondo Schopenhauer

Schopenhauer fornisce trentotto stratagemmi, leciti e illeciti, a cui ricorrere per «ottenere» ragione: per difenderla quando la si ha, e per farsela dare quando sta dalla parte dell’avversario.

Arthur Schopenhauer non fu un uomo fortunato. Ottenne una cattedra a Berlino mentre vi insegnava Hegel, ma le lezioni del fondatore dell’idealismo erano affollate di studenti mentre le sue andavano deserte. Forse per questo il pensatore originario di Danzica scrisse questo libretto pubblicato postumo in cui contrapponeva la dialettica – grande tema hegeliano – all’eristica, l’arte di argomentare con argomenti sottili e speciosi prescindendo dalla verità o falsità di quanto si sostiene. Il titolo che i posteri dettero al breve saggio è “L’arte di ottenere ragione esposta in 38 stratagemmi”.

Questo trattatello, vera perla nascosta negli scritti postumi di Schopenhauer, venne elaborato «come un pulito preparato anatomico» per dare una sistemazione formale agli «artifici disonesti ricorrenti nelle dispute».

Lettura attraente e quanto mai utile: con freddezza classificatoria Schopenhauer ci indica «le vie traverse e i trucchi di cui si serve l’ordinaria natura umana per celare i suoi difetti».
Ma, nello stesso tempo, si tratta di un testo che si situa in un crocevia memorabile del pensiero moderno: negli stessi anni in cui Hegel indicava nella dialettica la via per giungere al culmine dello Spirito, il suo irriducibile antagonista Schopenhauer la raccomandava come fioretto da impugnare in quella «scherma spirituale» che è il discutere, senza badare alla verità. 

Contro Hegel, Schopenhauer si presenta qui come un «maestro di scherma che non considera chi abbia effettivamente ragione nella contesa che ha dato origine al duello», ma si preoccupa unicamente di insegnare a «colpire e parare», giacché «questo è quello che conta». 

La lettura dei suoi 38 stratagemmi dialettici, secondo Roberto Pecchioli, è un istruttivo disvelamento di ciò che ascoltiamo ogni giorno da politici, pubblicitari, imbonitori, persuasori di ogni risma, con l’avvertenza che, secondo il pensatore tedesco, la dialettica non si occupa della verità oggettiva, riservata alla logica, ma è semplicemente l’arte di ottenere ragione. Compito del sapiente è quindi presentare e analizzare gli inganni della slealtà, “affinché nelle dispute reali li si riconosca e li si annienti subito”.

Diventa facile scoprire quante volte siamo sviati, coscientemente ingannati, dall’azione di chi porta l’affermazione avversa fuori dai suoi limiti, per esagerarla o estenderla oltre il suo significato, addirittura universalizzarla o intenderla sotto tutt’altro aspetto per meglio confutarla. Ci si può servire di premesse false per dimostrare la propria tesi, incalzare con domande continue per confondere l’avversario e trarre le conclusioni dalle stesse affermazioni della controparte, il metodo socratico privato della ricerca morale della verità.

Tutti espedienti che il lettore si accorge di aver subìto in innumerevoli occasioni, come lo stratagemma comunissimo di provocare a freddo l’ira dell’avversario per screditarlo e provocarne le reazioni inconsulte. E’ una strategia di cui si serve il potere culturale, largamente utilizzata nell’imposizione del linguaggio politicamente corretto, che sceglie i termini con cui designare le idee, le cose, i principi.

Per Schopenhauer, funziona egregiamente l’impertinenza, specie se l’avversario è timido, più ancora la contraddizione, vera o presunta, imputata all’avversario, che può precipitare nell’ira. Lo stratagemma numero 18, assai utilizzato, invita a interrompere il discorso altrui quando se ne intravvede la fondatezza. Il suo corollario è rigirare la frittata, ovvero la diversione, andare fuori tema per sviare il discorso. Poi c’è il sofisma, che Schopenhauer consiglia di non controbattere, ma di assecondare ricorrendo a un contro argomento altrettanto sofistico e apparente. E’ buona norma esagerare la tesi avversa e trarne false conseguenze. Un tiro brillante è ritorcere contro il rivale l’argomento utilizzato.

Perché non vi può essere dibattito, ma colluttazione, in cui occorre avere la meglio. 

Perché la verità non importa: ciò che interessa è ottenere sempre ragione. Secondo Schopenhauer.

https://www.adelphi.it/libro/9788845908569

http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/filosofia/6923-arte-di-averla-vinta

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