‘Comminare’ ha il significato etimologico di ‘minacciare in via generale’ (dal latino comminari ‘minacciare’): è la legge che commina la pena, cioè stabilisce nei confronti di tutti che chi commette un fatto vietato venga sottoposto alla pena fissata.
Quando, invece, una sanzione è contenuta in una sentenza, non è più minacciata ma è irrogata, inflitta al condannato.
Dunque il giudice non ‘commina’. Invece, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, si è cominciato a diffondere l’utilizzo di ‘comminare’ nel significato di ‘infliggere’, dilagando fino ad invadere i testi normativi (vi veda, tra i tanti, l’art. 228 del Trattato di Maastricht, con un errore però solo italiano, come si vede confrontando le versioni della norma nelle altre lingue) e la giurisprudenza (innumerevoli i riferimenti a giudici che hanno ‘comminato’ pene).
Dunque, la legge commina e il giudice irroga.
Ma non è finita qui. Il verbo irrogare, che è continuazione dell’omonimo latino, ha come etimo in ‘contro’ e rogare ‘chiedere’: originariamente significava ‘proporre (al popolo) qualcosa contro qualcuno’. Ma questa nozione di ‘proporre’ dal I sec. d. C. in poi non si trova più, ma passa nella nozione di ‘imporre’.
Possiamo dire a questo punto che al termine latino ‘irrogare’ è toccata la sorte che oggi si fa strada per l’italiano ‘comminare’: uno slittamento di senso per similarità o per contiguità, o per solidarietà degli oggetti del riferimento, siano questi entità o azioni.