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1977: processo per stupro

Il 26 aprile 1979 la RAI mandò in onda alle ore 22 sul secondo canale un documentario dal titolo forte come un pugno nello stomaco: “Processo per stupro”. Sessantacinque minuti di pellicola in bianco e nero in grado di scuotere le coscienze degli italiani. Più di tre milioni di spettatori seguirono il documentario quella sera mentre una seconda replica, andata in onda nell’ottobre del 1979, venne guardata da ben nove milioni di italiani.

Si trattò del primo processo ripreso dal vivo dalle telecamere della Rai.

L’intenzione dei curatori del documentario all’epoca è quella di filmare un processo per stupro che si tiene nell’aula di un tribunale italiano per portare all’attenzione dell’opinione pubblica la narrazione rovesciata attuata in Italia del rapporto vittima/carnefice.

Le telecamere vengono installate all’interno del tribunale di Latina dove si tengono le udienze del processo per uno stupro avvenuto nel 1977. Sul banco degli imputati, dopo otto mesi di detenzione preventiva, siedono tre uomini. Il quarto è latitante. L’accusa rivolta ai quattro uomini è quella di ratto a fine di libidine e violenza carnale. La denuncia è stata sporta da una ragazza diciottenne di Latina, di cui nel documentario si dirà solo il nome: Fiorella. La prima udienza si tiene nel maggio 1978, otto mesi dopo i fatti.

Il tono, le domande, il linguaggio utilizzato dagli avvocati degli imputati denunciano una mentalità sessista, un ribaltamento dei ruoli, una difesa che diviene accusa nei confronti della giovane Fiorella. La vittima stessa, incalzata dai tre avvocati degli uomini, viene ritenuta la responsabile della violenza subita con i suoi comportamenti liberi, i cattivi costumi. È la donna stessa l’istigatrice della violenza maschile. L’avvocato Angelo Palmieri durante l’arringa:

Avete cominciato a scimmiottare l’uomo. Voi portavate la veste, perché avete voluto mettere i pantaloni? Avete cominciato con il dire «Abbiamo parità di diritto, perché io alle 9 di sera debbo stare a casa, mentre mio marito, il mio fidanzato, mio cugino, mio fratello, mio nonno, mio bisnonno vanno in giro?» Vi siete messe voi in questa situazione. E allora ognuno purtroppo raccoglie i frutti che ha seminato. Se questa ragazza si fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente.

Le domande sono insistenti, insolenti, morbose, vanno a scavare nei comportamenti della ragazza, le chiedono se abbia avuto rapporti con il suo conoscente, uno degli imputati, prima dell’evento delittuoso. Le parole dei legali arrivano a definirla addirittura come una prostituta:

Qui si tratta di una ragazza, senza offesa, perché signori miei, io non ho una cattiva opinione affatto delle prostitute […] qui si tratta di una ragazza che ha degli amanti a pagamento.

L’avvocato difensore di Fiorella era la straordinaria Tina Lagostena Bassi, che in un contesto storicamente ancora difficile ebbe modo di imporsi con un’arringa forte e vibrante.

“Processo per stupro” (1979) – RaiPlay

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