Un breve (2′) servizio dell’Istituto Luce del 3 dicembre 1947 ci riporta ad un’epoca di “smagliante eloquenza” dell’avvocatura, nel contesto di uno dei più celebri e discussi processi italiani.
Arnaldo Graziosi, 32 anni, musicista, fu condannato per l’omicidio della moglie Maria Cappa, 24 anni. L’omicidio fu commesso in un albergo di Fiuggi il 21 ottobre del 1945. Con la coppia era presente anche la figlia di tre anni che dormiva nel letto dei genitori.
Graziosi si dichiarò innocente e sostenne che la moglie si era suicidata perché lacerata dai sensi di colpa per aver contratto una malattia venerea durante una relazione prematrimoniale. Accanto al cadavere della donna fu ritrovata una lettera d’addio della vittima con il seguente messaggio: “Troppo a caro prezzo sto pagando l’unica leggerezza della mia vita, per il bene di mia figlia, per quello delle persone che mi sono care, è necessario che io sparisca. Desidero che queste persone non sappiano della mia fine e serbino di me un buon ricordo. Maria”.
Gli inquirenti non credettero alla versione del suicidio e Graziosi fu rinviato a giudizio per omicidio. Il processo ebbe inizio il 2 giugno 1947 presso la Corte d’Assise di Frosinone. A carico dell’imputato prevalse la tesi che il maestro aveva un valido movente per commettere l’omicidio: la relazione sentimentale con una giovane pianista sua allieva. La perizia calligrafica, inoltre, aveva accertato che il biglietto non era stato scritto dalla vittima.
“Una smagliante eloquenza”: così il servizio dell’Istituto Luce definiva quella di uno dei più celebri oratori del XX secolo, il napoletano Giovanni Porzio, che guidò la difesa Graziosi e tenne l’ultima arringa, durata ben tre giorni.
Uno dei più grandi protagonisti della storia dell’avvocatura italiana, autore di celeberrime arringhe difensive, e sul quale anche Visiones tornerà presto.
Per la cronaca (anzitutto giudiziaria), Graziosi fu condannato a 24 anni, 9 mesi, 20 giorni di reclusione. L’anno dopo la Cassazione confermò la condanna. Graziosi, detenuto nel carcere di Frosinone, evase venti giorni dopo la sentenza della Cassazione, ma fu catturato dopo alcuni giorni sui monti della Ciociaria. In carcere si dedicò alla composizione di colonne sonore per documentari. Nell’agosto del 1959, dopo 14 anni di detenzione, Graziosi ottenne la grazia, chiesta dalla figlia, ormai diciassettenne, al Presidente della Repubblica. Qualche tempo dopo tenne un concerto al teatro Sistina di Roma e nel 1962 sposò una giovane spagnola, nella chiesa romana di San Pietro in Montorio. Il 6 marzo 1997, sulle pagine di un quotidiano romano, un trafiletto annunciava che Arnaldo Graziosi si era suicidato lanciandosi dal balcone della sua casa di Grottaferrata.